L’ansia ed il panico come sintomi di malessere del vivere e la psicoterapia come possibilità di cambiamento
Maria Grazia Antinori
La psicoterapia è un privilegiato punto di osservazione dellle difficoltà delle persone. I pazienti, sempre più spesso, al di là delle loro caratteristiche e bisogni personali, si rassomigliano tra di loro
per alcuni tratti comuni come la diffusione della confusione, del senso di smarrimento e della scarsa consapevolezza di sè.

Molti appaiono come se avessero smarrito la bussola, la direzione nella loro vita e quindi si aggirano come ciechi in un’atmosfera rarefatta e fumosa. Sono misconosciuti i ruoli, le differenze generazionali, i limiti della realtà, lo scorrere del tempo, la conseguenza è che tutto tende a rassomiglirsi, le differenze annullate. Questa condizione che alcuni interpretano come una conquista positiva di libertà e di emancipazione, si rivela spesso una fonte di ansia e di paralisi creativa e di difficoltà nell’affrontare la complessità e le scelte. Molte persone si considerano malate o in difficoltà, perché non riescono a realizzare i propri obiettivi, ma il problema può essere propio nella stessa definizione degli obiettivi, magari troppo elevati e lontani dalla realtà che deve necessariamente tener conto delle effettive potenzialità, fase di vita e opportunità ambientali. In altri termini molti pazienti sono malati di eccesso o di distorsione del desiderio che li porta ad essere scontenti, rancorosi e soprattutto ciechi rispetto alle proprie potenzialità.
Il processo personale di maturazione e di crescita, sembra particolarmente difficile, soprattutto in coincicenza della perdita di riferimenti culturali, sociali, familiari ed affettivi. Il sistema familiare, non sempre si poggia sulla presenza di genitori abbastanza adulti da non confondersi con i bisogni e desideri dei figli. I ragazzi incontrano con sempre maggiore difficoltà maestri ed insegnanti disposti ad aiutarli a maturare un’educazione emotiva e sentimentale. Molti appaiono come analfabeti emotivi, cioè non hanno imparato a riconoscere le proprie ed altrui emozioni, a definire uno spazio privato che consenta di entrare in rapporto con gli altri. Le frustrazioni, le difficoltà, sono sempre meno tollerate ed affrontate, aumenta la tentazione di abbandonare tutto davanti agli inevitabili ostacoli.
Gli attacchi di panico, lo stato d’ansia generalizzato, sembrano sintomi quasi endemici per la loro diffusione in tutte le fasce d’età della popolazione, in un certo senso sono proprio i sintomi che traducono in modo simbolico, il senso di smarrimento e la perdita dei punti di riferimento. Chi soffre di attacchi di panico o di forte ansia, cerca di trovare delle pseudo certezze in particolari esterni, evitando certe situazioni o luoghi e sperando così di non vivere quel senso di angoscia profonda che si prova in uno stato acuto di ansia. Spesso sono pazienti che non riescono a maturare il processo evolutivo che porta a definirsi come persona dotata di una propria individualità e quindi con delle potenzialità e dei limiti. Non tollerano che il legame affettivo sia a doppia direzione e che quindi presupponga una attiva partecipazione che comporta dei rischi e delle responsabilità. I pazienti che soffrono di crisi d’ansia e di panico vorrebbero restare nel guscio dell’infanzia o al massimo dell’adolescenza, per mantenere l’illusione che tutto sia possibile. Sono disposti a rinunciare ad ogni sviluppo concreto pur di mantenere la possibilità illusoria dell’infinito onnipotente.
La psicoterapia psicodinamica è un contenitore che accoglie pienamente le necessità di questo tipo di pazienti che a prescindere dai sintomi, hanno soprattutto bisogno di essere accolti e valorizzati. Si tratta di persone che non sono in grado di ascoltarsi e di dare valore ai propri bisogni e desideri è per questo è necessario che lo psicoerapeuta costruisca inisieme al paziente un linguaggio affettivo che prepari all’uso della parola emotiva che non spaventi troppo persone che non conoscono nulla di sé e delle proprie emozioni e soprattutto non sono capaci di forme anche elementari, di rapporto con l’altro. Spesso sono perone spaventate dalla vicinanza con l’altro, vicinanza che considerano pericolosa e che tendono a negare o ad aggredire o ad invidiare anche se allo stesso tempo la desiderano. In questa ambivalenza al terapeuta è richiesta una grande attenzione al linguaggio, al gioco del transfert e del controtrasfert che sembrano essere le uniche modalità per avvicinare il paziente prevenendo che fugga via prima che si avvii il processo di cambiamento e di maturazione. Quando un paziente allessitimico, riesce a trovare il coraggio di rivolgersi ad uno psicoterapeuta, è molto importante che l’analista cerchi di trovare la strada per accoglierlo senza spaventarlo, che gli offra un contenitore sicuro ma non costrittivo e quindi gli dia il tempo ed il modo di poter accedere finalmente ad una relazione affettiva sana e significativa.
Maria Grazia Antinori
Psicoterapeuta
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