Note sul setting e la tecnica psicoanalitica.
Il tema del setting analitico rientra in quello più amplio della tecnica psicoanalitica e della sua complessa relazione con la teoria.
Anna Freud
Come afferma Anna Freud bisognerebbe “trattare ogni tecnica per quello che è, cioè il risultato di un pensiero teorico già consolidato. L’uso del lettino, le libere associazioni, la manipolazione della traslazione, sono semplici strumenti di trattamento.Gli strumenti di ogni tipo vengono periodicamente esaminati, riveduti, affinati, perfezionati e , se necessario, modificati. Gli Strumenti tecnici dell’analisi non fanno eccezione a questa regola”. (1)
Del resto evidenzia sempre Anna Freud, qualsiasi regola analitica può essere utilizzata dal paziente con modalità perverse sia a fini difensivi che per soddisfazione.
Ad esempio, un paziente ossessivo si sente sicuro e protetto e nulla accade nel processo analitico, fino a quando l’analista resta nella sua riservatezza.
Il punto, secondo Anna Freud, è come un paziente percepisce il comportamento dell’analista per quanto questo possa attenersi alle regole analitiche.
Il concetto di setting, come ogni tema tecnico, deve essere considerato nel contesto storico, teorico di riferimento.
Un primo problema sorge nella definizione del termine inglese “setting”, letteralmente messa in opera, montaggio.
S. Freud
Freud nei suoi saggi sulla tecnica analitica, non ha mai impiegato la parola “setting”, egli ha descritto una serie di procedere a cui, del resto, lui stesso ha fatto eccezione con i suoi pazienti.
Freud, tra i suoi consigli tecnici, evidenzia l’opportunità di selezionare i pazienti escludendo quelli psicotici. Il trattamento viene iniziato con “un’analisi di prova” anch’essa svolta con lettino e analista fuori dal campo visivo del paziente.
Solo dopo questa fase introduttiva, inizia la vera e propria cura con sedute con frequenza ed orario stabile, spesso con sei sedute settimanali.
Freud stesso spiega la necessità del lettino, retaggio del metodo catartico, la posizione dell’analista, l’atteggiamento riservato di questo, il silenzio, il tono neutro, come accorgimenti per favorire la regressione del paziente.
Il paziente è soggetto a rispettare quella che è definita la regola fondamentale, ossia le libere associazioni a cui corrisponde l’attenzione fluttuante dell’analista.
Il principale strumento di lavoro dell’analista è l’interpretazione che deve essere modulata nei modi e nei tempi tendendo nel giusto conto le resistenze ed il transfert nelle sue diverse espressioni (positivo, negativo, erotico, amichevole, ecc.).
Freud nei suoi scritti di tecnica, tende ad offrire dei suggerimenti mentre è categorico su una regola che considera essenziale, ossia la necessità che l’analista mantenga un atteggiamento di astinenza che comporta la frustrazione parziale o totale, dei bisogni e dei desideri del paziente.
Tale funzione è necessaria in quanto trasforma i desideri ed i bisogni forze propulsive per lo stesso cambiamento.
Fenichel
Fenichel, nel suo trattato psicoanalitico, non utilizza il termine setting ma qualcosa di equivalente come “atmosfera analitica”, egli riconosce nell’interpretazione e nell’atmosfera analitica i due elementi del cambiamento.
“Compresi i principi terapeutici non è molto difficile decidere se sia il caso di chiamare psicoanalisi un dato trattamento. Freud disse una volta che ogni trattamento può essere considerato psicoanalisi se si prefigge di annullare la resistenza ed interpretare il transfert. Questo è l’unico criterio. Non importa se il paziente sia sdraiato o seduto o se siano usati certi rituali della procedura.Il procedimento migliore è quello che offre condizioni migliori per i compito analitico. E’ sciocco distinguere una psicoanalisi ortodossa da una psicoanalisi eterodossa”.
Galiberti
Il termine setting viene impiegato non solo nella psicoanalisi ma anche nell’ambito più vasto della psicologia a tale proposito può essere interessante la definizione secondo un dizionario di psicologia (U. Galimberti , Dizionario di psicologia, UTET):
“Il concetto di setting quale contenitore di ricerca è impiegato fondamentalmente in due ambiti:
1) Psicologia sperimentale dove si determinano le regole di applicazione di un test in assenza delle quali è impossibile una rilevazione che abbia una sua consistenza scientifica…
2) Psicoanalisi dove il setting delinea un’area spazio-temporale vincolata da regole che determinano ruoli e funzioni in modo da poter analizzare il significato affettivo del vissuto del paziente in una situazione specificatamente costruita per quella rilevazione, che alcuni definiscono quasi-sperimentale, in modo da evitare la messa in atto di stili relazionali tipici della vita quotidiana alterando il regime delle proiezioni e del transfert, difficilmente valutabile, perché scarsamente discernibili in una situazione non protetta dal setting.
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S
Setting come dispositivo
.A A ben guardare la “scoperta” di Freud, per somma di osservazioni teoriche-operative, consiste nella definizione di un DISPOSITIVO che crea condizioni di osservazione sistematica in uno specifico clima di ascolto.”
Il setting può essere immaginato come un cerchio che contenga l’analista ed il paziente o al contrario come stato mentale dell’analista che contiene il concetto di setting e lo applica con una certa flessibilità esterna ma con un fondamentale rigore nella sostanza .
Il setting può essere essere inteso come essenzialmente una condizione esterna, un comportamento o invece corrispondere all’atteggiamento mentale dell’analista.
Il setting nel primo caso è definito dalle procedure, nel secondo, come afferma Fenichel, dallo scopo della psicoanalisi.
Un dibattito su questi temi affrontati da diversi autori, è reperibile in una raccolta di saggi curata da Celestino Genovesi, il cui titolo ” Setting e processo psicoanalitico ” è già indicativo del pensiero del curatore che evidenzia il complesso intreccio tra l’applicazione delle regole e il più articolato concetto di processo psicoanalitico.
Il setting è inteso come un’insieme di precise condizioni formali del trattamento che tendono a restare costanti.
Il loro scopo è quello di facilitare una regressione infantile del paziente che comporta la riedizione di una situazione precoce di vita (transfert).
Il setting risulta essere una costante, un’istutuzione come afferma J. Bleger (1), mentre l’interpretazione è l’elemento che determina il processo analitico.
Entrambi gli elementi, il setting e l’interpretazione, definiscono la psicoanalisi ed il loro rappoto è di figura-sfondo, spesso il setting è lo sfondo ma a seconda dell’andamento del processo analitico, può divenire figura e quindi risultare in primo piano.
Come afferma Winnicott, sia il setting, la somma di tutti i particolari della conduzione analitica, che l’interpretazione, sono principi attivi. Il prevalere dell’uno o dell’atro, è determinato dalla tipologia e dai bisogni del paziente “dove c’è un Io integro l’analista può dare per acquisiti questi primissimi aspetti della cura del bambino, il setting dell’analisi è secondario rispetto al lavoro interpretativo (1)
Antinori Maria Grazia,
P.zza Armenia 9,
cell 334 338 58 35
BIBLIOGRAFIA
-GALIMBERTI U. (1992) Dizionario di psicoanalisi. UTET
-GAY P. (1988) Freud. Bompiani,
-(a cura di) C. GENOVESE (1988)SETTING E PROCESSO ANALITICO. RAFFAELLO CORTINA.(1)
-FREUD (1910) PSICOANALISI “SELVAGGIA”, VOL. 6
-FREUD(1911) TECNICA DELLA PSICOANALISI
-FREUD (1913) INIZIO DI UN TRATTAMENTO, VOL. 7
-FREUD(1914) RICORDARE,RIPETERE E RIELABORARE, VOL. 11
-FENICHEL (1945) TRATTATO DI PSICOANALISI DELLE NEVROSI E PSICOSI. ASTROLABIO.
-(A CURA DI) SEMI TRATTATO DI PSICOANALISI