L’uomo che non c’era. Considerazioni psicoanalitiche.

Ho scelto il fil L’uomo che non c’era, stimolata dai molteplici aspetti che propone la sua lettura: in esso, infatti, sono presenti elementi tipici del film noir americano anni ’50, unitamenti a questi, si intravedono, tuttavia, risvolti inerenti al tempo che viviamo. Se osserviamo la sua forma percepiamo il contributo dato dalla psicoanalisi a questo genere filmico, ciò si intravede nel carattere irrazionale del crimine e nell’ambivalenza dei sentimenti che caratterizza il personaggio iil quale palesa un malessere esistenziale e sociale. Elementi che sottostanno al film sono:la realizzazione individuale, il successo in società, la relazione interpersonale con le conseguenti patologie.
Il film è ambientato negli anni ’50 del secolo scorso. Ed, il personaggio, narra la sua vita in un modo che sembra essere sempre in bilico tra sogno e realtà: fa il barbiere nel negozio del fratello della moglie e questo essere solo un barbiere sarà il leitmotiv che lo accompagnerà fino alla fine.
Egli appare mesto, non sorride, non manifesta alcuna emozione, non dialoga. Ha una moglie seducente che lavora in un supermercato che lo tradisce con il direttore dell’emporio.
Un giorno nel negozio entra un cliente che gli parla della diffusione delle lavanderie chimiche, ma servono 10000 dollari. Ed, stanco di fare il berbiere, ricatta l’amante della moglie chiedendogli i soldi in anonimato. Inizia così una spirale distruttiva che lui scambia per un risarcimento esistenziale.
Il personaggio così descritto è la manifestazione di un malessere che ci porta a domandarci quale sia la quota sociale e quale il suo contributo in ciò che accade nella sua vita.
Se guardiamo al passato vediamo che la patologia di fine ‘800 e primi ‘900 del secolo scorso era il risultato del conflitto tra i bisogni dell’Es e i divieti del Super-io identificato nelle regole imposte dalla società. Già Freud ne: “Il disagio della civiltà “, anticipa :” dell’incapacità dell’individuo di rispondere in modo adeguato alle richieste della società “. Oggi la sofferenza dell’individuo risiede nella contrapposizione tra ciò che egli è capace o incapace di fare.
Alla diade “permesso – vietato “, si sostituisce “possibile – impossibile”.
I fenomeni patologici perciò si spostano su strati depressivi più o meno gravi che riguardano più specificatamente il campo esistenziale dell’ “Essere se stesso”. Area , questa piena di insidie in quanto lo scenario sociale esige dall’individuo spirito di iniziativa e assunzione di responsabilità, elementi questi che possono far provare un senso di inadeguatezza,un sentimento di scacco e di fallimento.
Infatti se niente è davvero proibito, niente è davvero possibile.E’ evidente che nell’analisi del fenomeno, non bisogna trascurare l’apporto dato dall’individuo tramite il suo bagaglio psicobiologico.
Ricordiamo che ogni fenomeno psichico si riflette in una emozione o in un sentimento, o in una immagine di sé e che i disturbi depressivi nascondono una “distimia” base e premessa di un mancato dialogo intrapersonale (con se stessi).
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Se ci focalizziamo su Ed la sua passività è ben illustrata nella scena del bagno:
la moglie fa il bagno e intanto legge, lui entra, lei senza guardarlo gli dice di depilarle le gambe, lui esegue, lei continua a leggere, gli dice “ ti amo”. Tra loro non solo non c’è dialogo affettivo, ma neppure incrocio di sguardi. E’ un individuo sempre dis-tratto quando sta con gli altri, a tavola, al ballo, al lavoro. E’ dis-tolto dal contesto sociale, ma tuttavia non appare dedito a una riflessione interiore o su un progetto esistenziale.
Il suo essere distratto ci fa pensare che egli è intento in quei pensieri che Freud chiama “sogni ad occhi aperti”sconnessi da sè, liberamente vaganti, che fanno si, che egli aderisca automaticamente a una proposta di uno sconosciuto. “ Pensavo che poteva essere la svolta della mia vita”. Nell’altalena della sua esistenza tra sogno e realtà, volge ora il suo interesse verso Birdy, la figlia del suo amico Walter; l’ascolta suonare il piano e comincia a frequentare la casa del suo amico anche quando lui non c’è: “Andavo tutte le sere, anche quando Walter non c’era, faceva ricerche di genealogia era arrivato alla settima generazione sua e all’ottava della moglie, sembrava un hobby senza senso, forse Walter cercava qualcosa d’altro. Qualcosa di simile a quello che trovo io sentendo suonare Birdy , una via d’uscita, una specie di pace.” Ed ci sta comunicando il malessere del suo vivere. Ma Birdy non ha doti artistiche, vuole fare la veterinaria, non ha mai pensato se stessa come una concertista e glielo dice . Ed si ritrova di nuovo solo “ Ero un fantasma, non vedevo nessuno e nessuno vedeva me : ero un barbiere”.
Questi episodi ci fanno pensare che egli sia dis-tratto prima di tutto da sé, dal suo essere se stesso e quindi dalla vita reale. E se nell’episodio che riguarda Birdy appare una spinta emotiva, altre volte la sua narrazione si fa asettica ed estranea, svuotata di contenuto emotivo. Estraneità che emerge anche nello sguardo, nell’incedere, nelle mani nella parola: elementi, questi carichi di fisicità corporea descrittivi della personalità, ma anche del modo in cui si incontra “l’altro” perchè ogni incontro è un riconoscimento di sé che avviene tramite il corpo che ci tiene ancorati alla vita reale.
In questi contesti Ed ci appare scivoloso, elusivo, indefinibile, silenzioso: sono queste le sue caratteristiche precipue, quasi a rivelarci la paura di essere trascinato verso una temuta conoscenza di sé. Anche il contatto fisico è evitato ( con la moglie non aveva più rapporti da anni), Quando non è terrorizzato da una possibile eventualità: lui guida, la ragazza gli propone un rapporto sessuale, egli reagisce in modo tanto forte da provocare un incidente”.
L’unico contatto fisico che ha è per difendersi quando uccide l’amante della moglie
Come in apertura detto, e confermato dall’avvocato nella sua arringa, Ed è un uomo del nostro tempo che soffre delle richieste della società in cui vive i cui valori sono la competizione e il successo personale ( ricordiamo a questo proposito le parole di Victor hugo: Il successo è una cosa orrida per la sua falsa somiglianza col merito, inganna gli uomini e la storia) ed è proprio in questi